Stare con i bambini è difficile. Meraviglioso (almeno per me lo è!) ma anche difficile. Per “stare” intendo voler costruire con loro un rapporto autentico. Non accontentarsi di accendergli la televisione mentre noi scorriamo le pagine di facebook. Trascorrere del tempo con i bambini, significa cercare di capirli davvero, mettendoci spesso in discussione come adulti. Significa stargli vicino nel percorso di crescita, senza somministrargli soluzioni pronte. Stare con i più piccoli risveglia il nostro bambino interiore, facendo sanguinare le antiche ferite. E spesso fa male, ma allo stesso tempo ci dà la possibilità di riguardare quelle ferite con gli occhi dell’esperienza per poterle guarire davvero.
Come adulti che stanno con i bambini, in qualità di genitori, insegnanti o educatori, abbiamo una responsabilità enorme perchè per loro siamo una guida, e da noi assorbono l’entusiasmo ma anche le insicurezze. Per avvicinarci al mondo bambino, dobbiamo per prima cosa farci una domada:
“Che cos’è l’infanzia?”
Per trovare una risposta, ho tirato fuori dalla mia libreria quattro albi illustrati: Che cos’è un bambino? di Beatrice Alemagna (Topipittori, 2008), Il bimboleone e altri bambini di Gabriele Clima e Giacomo Agnello Modica (Edizioni Corsare, 2019), Amici di Satomi Ichikawa (Orecchio Acerbo, 2019), e Sredni Vashtar, un racconto di Saki, illustrato da Francesca Pusceddu (Orecchio Acerbo, 2019). Quattro albi molto diversi tra loro ma con al centro l’infanzia o meglio le infanzie.
Tanti bambini e tante infanzie diverse. Ci sono i bambini scanzonati e selvaggi di Ichikawa, che amano stare all’aria aperta e saltare sui letti. Il bimboleone è invece accompagnato dal bimbogatto, dal bimbopesce, dal bimbolepre… Ognuno può essere reso felice in un modo diverso. In Che cos’è un bambino? ci sono “bambini di tutti i tipi, di tutti i colori, di tutte le forme.” E poi c’è l’infanzia negata nel racconto di Saki, dove al bambino protagonista vengono riconosciuti anche i sentimenti più oscuri e la capacità di provare sollievo davanti la scomparsa della propria istitutrice.
Il libro Un’idea di infanzia. Libri, bambini e altra letteratura di Nadia Terranova (Italo Svevo, novembre 2019) dà molti spunti di riflessione su cosa sia l’infanzia. È composto da una raccolta di testi precedentemente usciti su “La Repubblica”, “Il Foglio”, “Gli Asini” e “La Rivista del cinematografo”, che invitano il lettore a farsi domande e ad approfondire diversi aspetti della letteratura con protagonisti i bambini e ragazzi. Vi troverete in mano un libro dalla veste grafica originale ed elegante. Le pagine e la copertina sono color avorio, e per poter leggere il contenuto dovrete utilizzare un tagliacarte per separare le pagine intonse, proprio come si usava una volta.
Il libro inizia con un intervista all’autrice da parte di Giovanni Nucci, direttore editoriale della collana “La Piccola Biblioteca di Letteratura inutile”. In questo confronto, Nadia Terranova cerca di definire l’infanzia con queste parole:
Non esiste una sola idea di infanzia ma molteplici, e cangianti nel tempo, nello spazio, all’interno della stessa famiglia e a volte anche nello stesso bambino; […] Non esiste un’idea di infanzia che non sia mutevole, e perciò universale: mettersi a caccia di quella giusta, far finta che ne esista una sola e prima o poi si rivelerà nella sua pienezza è comunque il modo migliore per accoglierne il più possibile.
Ho trovato molto interessante il capitolo intitolato Il male raccontato ai bambini. L’autrice ci invita a leggere ai nostri figli le fiabe tradizionali che utilizzano il linguaggio a loro più vicino per aiutarli a gestire le proprie emozioni nella vita reale dopo averle sperimentate nel mondo dell’immaginario, con la sicurezza di poter chiudere il libro quando quelle emozioni sono troppo forti.
Per questo a chi mi chiede consigli su testi che spieghino ai bambini proiettili, bombe, crolli di edifici, consiglio inanzitutto una rilettura attenta di Hänsel e Gretel. Non perché non sia giusto che genitori e figli affrontino insieme lo smarrimento che viene dalle notizie, ma perché quel dialogo è diverso se orecchie e voci che lo affrontano hanno già veicolato le stesse domande usando un comune dizionario: fiabe e cronaca non giocano nello stesso campionato, e senza l’esercizio delle prime nessuna conversazione sulla seconda avrà fondamenta solide.
Nadia Terranova parla poi di classici come Nel paese dei mostri selvaggi, attualmente nel catalogo Adelphi con la traduzione di Lisa Topi, diversa da quella di Antonio Porta alla quale eravamo abituati, ma forse più vicina all’essenzialità della lingua di Sendak.
Pinocchio viene preso in considerazione per avvalorare la tesi che troppo spesso etichettiamo come libri per bambini, testi che invece richiedono una lettura più matura.
Si parla di due autrici che hanno dovuto scontrarsi con le difficoltà di scrivere durante il fascismo: Ada Gobetti e Alki Zei, per poi presentare un autore contemporaneo che è molto apprezzato dagli adolescenti: John Green. Vi lascio scoprire da soli gli altri scrittori e scrittrici nominati in questo libro, lasciandovi quella curiosità che le pagine intonse esigono. Vi anticipo che si tratta di autori molto diversi tra loro. Possiamo comunque trovare un filo che unisce tutti i piccoli capitoli, e cioè la volontà di parlare d’infanzia e di letteratura nel senso più nobile del termine, perchè come dice l’autrice:
Non esiste la letteratura “per” ragazzi.
Esiste la letteratura con dei ragazzi o dei bambini dentro.
Buona lettura!