Il libro che vi presento oggi fa parte della collana Storie al quadrato della casa editrice Carthusia. È una collana che mi sta particolarmente a cuore perchè è forse uno degli esempi più concreti di come un albo illustrato possa essere molto di più di un semplice libro per bambini. Con il suo intreccio di parole e immagini può diventare uno strumento prezioso per creare un ponte tra il mondo adulto e il mondo bambino, favorendo così un collagamento tra due realtà che mai come oggi sono spesso distanti.
Le Storie al quadrato nascono come “progetti speciali”, e diventano delle vere e proprie campagne dedicate alla sensibilizzazione e comprensione di argomenti importanti per la crescita dei bambini e ragazzi.
Il sogno di Cora è un albo illustrato che nasce dall’incontro tra Carthusia Edizioni, la dottoressa Edy Marruchi, direttrice dell’Associazione Girotondo Intorno al Sogno e responsabile del progetto “Come a Casa”, e la Casa Circondariale di Arezzo.
Il libro vuole essere uno strumento utile per aiutare i bambini con un genitore detenuto e le loro famiglie a elaborare il distacco e la lontananza e ad affrontare questa situazione complessa e spesso non svelata, che proprio per questo rischia di causare nel bambino spaesamento e senso di colpa. Come ogni progetto speciale, anche questo nasce con un focus group che ha dato voce a tre padri e una madre, che hanno vissuto la detenzione, al direttore del penitenziario, a una guardia, un’educatrice, alla referente di Bambinisenzasbarre e soprattuto ad alcuni bambini che hanno avuto i genitori in carcere. In seguito a queste testimonanianze Emanuela Nava ha dato vita alla storia scritta della piccola Cora, resa ancora più intensa dalle illustrazioni di Marco Brancato.
C’era una volta una compagnia di artisti che recitava nei più grandi teatri del mondo.
Tra i vari artisti si esibiva un mago capace di far sparire uno spettatore in prima fila, per farlo riapparire in fondo alla platea. L’artista più piccola si chiamava Cora e aveva imparato dai suoi genitori a fare difficili numeri di giocoleria, come tenere tre palline in equilibrio sulla coda. Un giorno il suo papà sparì all’improvviso, e Cora capì subito che non si trattava di un trucco di magia. La mamma le disse che era andato ad esibirsi in altre città e che sarebbe tornato presto.
Più il tempo passava e più Cora sentiva la mancanza del papà e si rattristava. La piccola custodiva come un tesoro i fogli dove disegnava tutti gli esercizi che avrebbe voluto imparare dal suo papà.
Ma un giorno le palline iniziarono a scivolare dalla coda e il numero di giocoleria diventò sempre più difficile.
Il pensiero per il papà si faceva sempre più grande e distraeva Cora dalle sue esibizioni.
“Forse è arrabbiato con me” pensò Cora, mentre si nascondeva tra le quinte con la coda bassa.
Finalmente Cora si decise ad affrontare la mamma, che portava ancora la maschera usata durante gli spettacoli.
La mamma tolse la maschera e capì che era arrivato il momento di dire la verità.
“… il tuo papà non è libero. È nel grande castello murato. Quello con le torri e le porte di ferro” disse.
….
“Se vuoi, domani possiamo andare a trovarlo” aggiunse la mamma.
Piano piano e con delicatezza la mamma disse a Cora tutto quello che voleva sapere. Il giorno seguente Cora potè abbracciare di nuovo il suo papà e la piccola da quel momento ritornò a dormire sogni tranquilli, sicura che il papà sarebbe tornato e che le avrebbe sempre voluto bene.
“Le storie sono “psicomagie” potentissime che, grazie alle metafore con cui sono scritte, riescono a narrare ogni cosa, offrendo gli strumenti giusti per affrontare con coraggio anche le prove più inaspettate” – scrive Emanuela Nava. “I bambini che leggeranno questo libro, guidati dalla voce rassicurante di genitori, psicologi e operatori, potranno trovare un mezzo per interpretare ciò che stanno vivendo.”
Nella parte finale del libro ci sono delle pagine di attività per aiutare il bambino ad elaborare la propria esperienza tramite il disegno e la scrittura.
Per approfondire ulteriormente questo argomento vi consiglio di collegarvi al sito dell’associazione Bambinisenzasbarre. Quest’associazione lavora per dare sostegno psicopedagogico ai genitori detenuti e ai figli, colpiti dall’esperienza di detenzione di uno o entrambi i genitori. Lo scopo è promuovere il mantenimento della relazione figlio genitore durante la detenzione, garantendo il diritto alla genitorialità e tutelando il minore. Tali azioni si configurano come interventi di prevenzione sociale in quanto è stato statisticamente provato che l’interruzione dei legami affettivi tra genitori detenuti e figli, può incrementare fenomeni di abbandono scolastico, devianza giovanile, disoccupazione, illegalità, disagio sociale e aumentare i casi di detenzione tra i figli di genitori detenuti.
Ma il punto di partenza di tutto questo è… dire la verità ai bambini. E alla base c’è forse un concetto ancora più profondo e cioè la fiducia che dobbiamo riporre nei nostri figli, che con il nostro amore e supporto, hanno dentro di loro tutti gli strumenti necessari per affrontare qualsiasi verità.