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Due nuove avventure in dialetto per il santo più amato da grandi e piccini a Trieste: San Nicolò

San Nicolò con bambini

In questo momento di confusione e incertezza, le nostre tradizioni possono essere delle radici che ci ancorano a terra, permettendoci di mantenere ben salda la nostra identità come individui e come appartenenti a una comunità. Dobbiamo mantenere le distanze uno dall’altro, usare mascherine, restare possibilmente a casa, e tutto questo rischia di farci sentire abbandonati, lontani, e spaesati. Nella nuova realtà, momentaneamente necessaria per il bene di tutti, possiamo prenderci del tempo per riscoprire i simboli e i personaggi del folclore, capaci di trasmetterci un senso d’unità e connessione, che vanno al di là della distanza fisica.

È anche per questi motivi che ho letto con molto piacere le due nuove avventure del santo più amato da grandi e piccini a Trieste: San Nicolò.

Dopo La bereta de San Nicolò, arrivano in tutte le librerie triestine altri due titoli: San Nicolò e i Krampus e Le mutande de San Nicolò, scritti da Cristina Marsi, illustrati da Ingrid Kuris, ed editi da White Cocal Press

I libri sono scritti in dialetto triestino e raccontano le abitudini di San Nicolò in tutti i periodi dell’anno, non solo a dicembre. 

“SIOR, SEMO GIUSTI PER TRIESTE?”, FA EL KRAMPUS CON VOSAZA DIAVOLAZA.

In San Nicolò e i Krampus, il santo tiene a bada i terribili “demoni dalle sembianze mostruose e animalesche“, i Krampus, arrivati in città dai monti per fare una sfilata. Per fortuna ha l’aiuto del fidato Massariol.

XE AUTUNO, XE NOTE…

SAN NICOLÒ SE SVEIA DE COLPO! […]

DO CINGHIAI GHE STA MAGNANDO LE ZUCHE.

In Le mudande de San Nicolò, il buon vecchio dalla barba bianca deve vedersela con cinghiali golosi e un gabbiano dispettoso, che se la prendono con le sue mutande. Insomma San Nicolò ha sempre qualcosa da fare, non solo la notte del 5 dicembre. 

L’illustratrice, Ingrid Kuris, ci racconta come dà vita ai suoi disegni:
“Prima faccio lo schizzo a matita, poi lo ripasso con la china, e infine coloro con gli acquerelli.
A volte inserisco scorci cittadini [di Trieste] dove far muovere i personaggi. Ad esempio, i Krampus che arrivano di notte passano per il tempio Mariano di Monte Grisa.
Il disegno è tipo fumetto dove le azioni hanno il movimento, e i personaggi hanno una loro caratterizzazione.”

Se quindi conoscete la città potete divertirvi a individuare tra le pagine tutti i riferimenti a luoghi caratteristici di Trieste, come l’edificio della Borsa Vecchia o la Scala dei Giganti.

Ho chiesto all’autrice, Cristina Marsi, di spiegarmi meglio chi sono i personaggi di questi libri (San Nicolò, i Krampus, il Massariol…).

Ogni città ha la propria usanza per festeggiare San Nicolò. Cosa si usa fare a Trieste? Come si preparano i bambini al suo arrivo?
 
C. M. Ogni genitore, ogni famiglia, ha il suo rituale.
Di solito nei giorni precedenti gli si scrive e invia una letterina, e la sera prima, il 5 dicembre, si lascia una merendina a San Nicolò che passerà di notte per portare i regali.
Certo, è il nostro Babbo Natale triestino, ha meno lavoro, e quindi può dedicarsi anche a tante altre faccende, per questo possiamo raccontare le sue avventure.
 
Chi sono i terribili Krampus?
 
C.M. I Krampus sono soggetti dall’aria truce e i modi rudi, ma San Nicolò sa tenerli a bada.
In San Nicolò e i Krampus c’è una bella introduzione in cui l’editore racconta e spiega nel dettaglio chi sono i Krampus.
 
In tutti e tre i racconti, San Nicolò è accompagnato dal “Massariol”, mi racconti chi è questo personaggio?
 
C.M. Il famoso Babbo Natale ha tanti folletti che lo aiutano, invece a San Nicolò ne basta uno, visto che deve occuparsi solo della nostra città.
Il Massariol è un folletto che fa parte del folklore istroveneto che comprende anche Trieste. È un tipetto simpatico, a volte un po’ pestifero, e molto protettivo nei confronti di San Nicolò.
 
Ti sei ritrovata più volte a scrivere libri in dialetto. Personalmente, anche se non conosco bene il triestino, con le mie bambine mi diverto tantissimo a leggerlo. Cosa significa per te scrivere in dialetto? E perché è importante trasmetterlo ai nostri bimbi?
 
C.M. Trasmettere il dialetto ai bambini è importante, secondo me perché al di là delle parole, si comunica un modo di essere, la nostra identità, la triestinità.
Scrivere in dialetto per me significa rivolgermi alle persone con le quali mi sento a casa.
 
Se siete curiosi di conoscere cosa combina San Nicolò quando non è occupato a portare i regali, vi consiglio di leggere le sue avventure scritte da Cristina e illustrate da Ingrid, e se non avete dimestichezza con il dialetto triestino… No xe pensieri [trad. nessun problema]! Alla fine dei libri è spiegato il significato dei termini più difficili. 
 
Buona lettura a grandi e piccini!

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