In italiano sono chiamati spesso – c’è chi dice erroneamente – silent book, in inglese wordless picturebooks, in francese album sans paroles, in tedesco sono i Wimmelbücher, in Corea diventano Geul upnun grimchaek… di cosa sto parlando? Dei libri senza parole, nei quali la storia è raccontata dalle illustrazioni. Leggere questi albi diventa così una palestra dove adulti e bambini possono allenare lo sguardo (ovviamente bisogna leggere… le immagini).
C’è davvero bisogno di questo tipo di allenamento? La vista è uno degli ultimi sensi che si sviluppa completamente nel neonato.
Intorno al primo e secondo mese di vita i bambini iniziano a mettere a fuoco le immagini man mano più distanti, per poi cominciare a distinguere sempre più chiaramente i colori. All’incirca al sesto/ottavo mese la vista ha completato il suo sviluppo.
Vedere però è ben diverso da guardare. Guardare è infatti un’azione consapevole che porta a una visione soggettiva. Ogni sguardo è diverso perchè si carica della dimensione emozionale e di un bagaglio di esperienze che ognuno di noi fa durante la vita. Educare allo sguardo significa quindi appropriarsi di quella chiave ermeneutica che permette a ognuno di noi di codificare le immagini.
Ogni giorno passano davanti gli occhi dei bambini innumerevoli immagini, spesso di dubbio gusto estetico e ad una velocità che non lascia il tempo di interpretarle. Televisione, computer, cartelloni pubblicitari sembrano voler dire: “È così! Non farti troppe domande.” In una società che ci vuole tutti omologati fin da piccoli, i libri senza parole diventano quindi gli “educatori allo sguardo” per eccellenza. Davanti a un silent book il bambino volta le pagine, si concede del tempo lento, può tornare indietro e confrontare le figure.
Marcella Terrusi nel suo Meraviglie Mute (Carocci editore) alla domanda su come si leggono i silent book risponde: “[…]; chiedendosi l’un l’altro aiutami a guardare. I modi di leggere saranno tutti quelli dei lettori e degli artisti coinvolti, i modi di raccontare saranno tutti quelli di chi saprà prestare ascolto alla propria voce, a quella delle immagini, a quella degli altri lettori, in qualunque lingua parlino.”
Sono quindi libri che uniscono, che creano ponti, che aprono al confronto e che attraverso le belle immagini permettono ai bambini di apprezzare, di scoprire e riscoprire la bellezza intorno a loro anche nei contesti più difficili. Educhiamo allora i nostri figli allo sguardo, educhiamoli alla bellezza più vera e profonda che non è quella dell’apparenza.
Mi rendo conto che negli ultimi articoli (mi concedo la presunzione di chiamarli articoli 😅) mi dilungo sempre di più sull’introduzione, che di conseguenza perde la sua funzione e diventa una parte fondamentale dello scritto. D’altronde, oltre a recensire (o a tentare di recensire 😉) i bei libri per ragazzi, cerco di trasmettervi qualche informazione in più, inquadrando il singolo libro in un contesto più ampio.
Ecco allora un silent book nel quale vale la pena naufragare: L’isola di Mark Janssen, edito da Lemniscaat (2019), uno dei marchi de Il Castello Group.
Le immagini occupano le doppie pagine in un tripudio di colori che incanta i giovani lettori, immergendoli nelle acque della storia. S’inizia con un naufragio dove il mare e il cielo si confondono tra loro, tingendosi delle sfumature del rosso, giallo, grigio e viola. I protagonisti della vicenda non sono pirati e marinai ma un padre con la sua bambina e un cane che – come nella miglior tradizione letteraria legata a questo tema – approdano su un’isola. Girando le pagine il contrasto di colori è evidente e in sintonia con l’atmosfera che cambia. Una tavola di legno alla quale aggrapparsi, un’isola in lontananza, il mare nuovamente calmo… ed ecco la tranquillità del verde acqua.
Ma siamo sicuri che si tratti di un’isola? Il mistero è svelato già nella prima di copertina: sotto l’acqua c’è un’enorme tartaruga marina e l’isola è il suo carapace.
Il punto di forza di questo albo non è quindi tanto l’effetto a sorpresa del finale come ad esempio ne Il barbaro di Renato Moriconi (Gallucci, 2017), dove solo nelle ultime pagine del libro si scopre che il terribile barbaro a cavallo è in realtà un bambino alle giostre con il papà. L’isola incanta proprio per i suoi colori vivaci e dalle infinite sfumature.
Tra le diverse modalità di lettura i bambini possono allora girare le pagine e scoprire come passa il tempo per i tre naufraghi oppure possono soffermarsi su ciascuna pagina e godere della bellezza delle immagini senza per forza cercarne una sequenzialità.
Quasi tutte le doppie pagine inoltre sono divise da una linea orizzontale che divide il mondo sopra il mare da quello sotto. Queste due realtà vivono avventure apparentemente separate per quasi tutta la storia. È nell’ultima immagine (escludendo il risguardo finale) che finalmente la tartaruga e la bambina s’incontrano… in un abbraccio. Per sapere se infine il papà, la bimba e il cane riusciranno a tornare a casa, vi consiglio di… dare uno sguardo al libro! 😉
Un silent book adatto a partire dai quattro anni.
Questi libri sono ottimi non solo per i bambini, ma visto l’ analfabetismo di ritorno, sono meravigliosi anche per gli adulti. Se non altro perché le immagini accattivanti sono un’ esca che potrebbe far prendere in mano un libro a chi altrimenti non lo farebbe. 😉 Mi piace molto come “introduci” ai libri.