Raccontare e raccontarsi sono da sempre due esigenze fondamentali dell’essere umano. È da questo bisogno innato che hanno avuto origine i miti, le leggende e poi le favole e le fiabe. Fin dai primordi l’uomo si riuniva e iniziava a narrare. Parole che rispondevano ai bisogni più profondi di conoscenza e di spiritualità. Parole capaci di unire, di tramandare, di educare e anche di divertire.
È da questa premessa che nasce il saggio di Alan Rossi, dal titolo Storia della fiaba, genere pedagogico. L’educazione estetica di Roberto Piumini: analisi del testo “Le tre pentole di Anghiari” pubblicato da Edizioni Helicon (marzo 2019).
Se nel tempo la necessità di narrare non cambia, quello che si modica è il modo di farlo. Un autore moderno è ancora capace di scrivere fiabe che rispondano a tutti i criteri di quelle raccolte ad esempio dai fratelli Grimm?
Analizzando il genere, il linguista e antropologo Vladimir Propp nota come gli elementi che caratterizzano le fiabe siano racchiusi nelle azioni e nei ruoli dei personaggi che ne determinano la struttura e rimangono fissi pur nella varietà delle storie. Altre peculiarità che possiamo aggiungere sono la brevità e l’indeterminatezza di spazio e tempo (“C’era una volta…”), gli elementi magici e il lieto fine (“e vissero tutti felici e contenti”).
Le fiabe nascono come racconti orali destinati a un pubblico adulto, e solo in un secondo tempo raggiungono i più giovani, diventando uno strumento capace di agire sulla loro formazione. Studiosi quali Bruno Bettelheim, Franco Cambi, Luigi Santucci, esaminano proprio la funzione che assume la fiaba in rapporto ai bambini. Ne emerge l’importanza di questo genere nel loro percorso di crescita. Le fiabe mostrano ai più piccoli come nella vita siano presenti ostacoli e prove da superare, ci si possa imbattere in mostri cattivi e provare paura, ma tutto questo si può superare intraprendendo il viaggio che conduce allo status di eroe.
Dopo un excursus sulla storia della letteratura giovanile in generale, Alan Rossi si focalizza nel suo libro sulle fiabe e su un autore contemporaneo in particolare, Roberto Piumini.
Roberto Piumini è uno scrittore anche di fiabe? Per rispondere a questa domanda viene analizzato il testo di Piumini “Le tre pentole di Anghiari” che nel corso degli anni viene dato alle stampe in diverse edizioni (attualmente fuori catalogo).
Vi lascio alla lettura del libro di Alan Rossi per trovare una risposta accuratamente argomentata alla precedente domanda. Nel frattempo per conoscere meglio l’autore e capire gli studi che l’anno portato alla stesura della sua tesi, condivido con voi questa chiacchierata virtuale.
Come ti sei avvicinato alla letteratura giovanile?
A. R. Già da ragazzo diventare insegnante era una mia aspirazione: in realtà però, dopo la maturità magistrale, ho proseguito gli studi con la laurea in Beni Culturali, e contestualmente le strade lavorative mi hanno condotto in tutti altri campi. Dopo anni di esperienze diverse ho avuto modo di sostenere gli esami del concorso a cattedra entrando in ruolo come insegnante di scuola primaria. Qui ovviamente, per interesse ed esigenza professionale, mi sono riavvicinato alla letteratura giovanile, rispolverando le mie passioni di giovane scolaro (con affetto ricordo l’interesse con il quale ascoltavo le storie o leggevo le proposte del mio maestro) e le letture degli studi magistrali. La letteratura per l’infanzia, oltre che una fondamentale risorsa pedagogica, è un atto sociale: si legge in compagnia, si narra, si consiglia e condivide, e risulta perfetta per essere vissuta nelle aule scolastiche come potente strumento formativo.
La letteratura giovanile in generale e la fiaba in particolare sono un ambiente di apprendimento eccezionale: stimolano la maturazione nei bambini dell’amore per la lettura e guidano alla padronanza di un lessico ricco e curato, offrono soluzioni personali ai dubbi, ai conflitti e alle paure degli anni della crescita, non preconfezionano insegnamenti o tentano di indottrinare, ma accompagnano nella maturazione interiore di nuove consapevolezze. La scuola dove insegno aderisce al modello Senza Zaino, i cui valori fondanti sono Ospitalità, Responsabilità e Comunità: la letteratura per l’infanzia è uno dei substrati fertili per la maturazione in ogni bambino di un proprio, solido, impianto valoriale che, in maniera naturale, comprende a pieno anche i principi suddetti.
Come è nata l’idea del libro?
A.R. Dopo aver iniziato a insegnare ho ripreso gli studi, tra i quali il conseguimento di una laurea magistrale in Filologia Moderna. Durante il percorso, in vista della tesi, mi sono orientato sulla letteratura per l’infanzia, sia dunque con l’approccio dello studioso di letteratura che ponendo il focus sul valore pedagogico del genere, in virtù della mia professione di insegnante.
La tesi che ne è scaturita è stata apprezzata dai relatori, poi, rielaborata, è stata presentata in veste di saggio inedito ai concorsi letterari nazionali “Scriviamo Insieme” di Roma e “La Ginestra di Firenze” risultando premiata in entrambi e vincendo la pubblicazione, diventando così un libro edito.
Come mai Piumini e le tre pentole?
A. R. La scelta di Piumini è dettata da diverse motivazioni che brevemente potrei riassumere nell’assoluto rilievo che la sua figura di autore ha nel panorama della letteratura per l’infanzia e nella peculiare capacità di narrare in forma poetica, curando in maniera assoluta, anche nella prosa, l’estetica del linguaggio. Ho analizzato nello specifico Le tre pentole di Anghiari perché è un’opera (davvero di valore) che ha ben vive le caratteristiche di cui sopra e che, pur mancando di alcuni aspetti fondamentali (non ne ha la caratteristica brevità), porta nel contemporaneo gli aspetti della fiaba classica. Essendo poi io di Sansepolcro, cittadina confinante con l’Anghiari sfondo della vicenda, ulteriore affetto mi lega, campanilisticamente, a questa storia per questa sua ambientazione nella Valtiberina Toscana dove sono nato e cresciuto.
Buona lettura!