Le uova delle tartarughe marine sono deposte sulla spiaggia in buche profonde che vengono poi ricoperte con cura. Dopo un periodo di tempo che va dai 42 ai 65 giorni le uova si schiudono. Le tartarughine rompono il guscio che fino a quel momento le proteggeva, e piano piano, con fatica, si fanno strada nella spiaggia dirigendosi verso il mare per dare inizio alla loro nuova avventura nel mondo.
Il Gruppo Editoriale Tresei – tra i più impotanti in Italia per quanto riguarda i volumi didattici – ha chiamato la sua collana di narrativa Le tartarughe marine .
Le storie che propone vogliono infatti aiutare i bambini a rompere il guscio simbolico di se stessi per aprirsi con fiducia a tutto ciò che li circonda.
La collana si compone di:
- albi illustrati destinati ai bambini a partire dai tre anni, e adatti anche alle prime letture autonome grazie allo stampatello maiuscolo;
- testi di narrativa per i più grandi (dai 7 anni);
- opuscoli per i genitori con lo scopo di aiutarli a orientarsi nei temi proposti dai libri;
- due guide didattiche per gli insegnanti.
Oggi voglio parlarvi di uno degli albi illustrati di questa collana, dal titolo Si fa per finta, scritto da Monica Pratelli e Francesca Rifiuti, e illustrato da Elisa Paganelli. In questo libro, tramite immagini chiare e immediate accompagnate da un breve testo per ciascuna pagina, si parla del rapporto tra il bambino e il gioco, in particolare il gioco simbolico.
Giocare è una delle attività più serie per il bambino; divertendosi infatti i bambini apprendono concetti, imparano a gestire pensieri e emozioni e a stare con gli altri. Nella nostra società, dove siamo sempre tanto – troppo – impegnati, spesso il gioco viene sostituito da attività strutturate con uno scopo ben preciso, e il gioco libero viene considerato una perdita di tempo.
A tal proposito, Claudia Porta, nel suo libro Giochi con me? (Il leone verde, 2012) dice: “[…] Il tempo per il gioco si riduce sensibilmente fin dalla più tenera età, e così ecco che invece di scendere a giocare in cortile il bambino va a giocare a calcio, a tennis o a lezione di musica. Tutte attività piene di significato, ma che non devono assolutamente sostituirsi al gioco. Si tenga poi a mente che il concetto di gioco educativo è un’invenzione degli esperti di marketing: il gioco è di per sé educativo. Il gioco è il modo migliore che i bambini hanno per imparare, sperimentando direttamente tutto quello che c’è da sapere nella vita.”
Un posto fondamentale nella crescita del bambino e nel suo rapporto tra fantasia e realtà è occupato proprio dal gioco simbolico che attraversa varie fasi, a seconda dell’età, e che gli studiosi fanno iniziare intorno ai due anni.
Possiamo leggere infatti in un articolo della pedagogista Chiara Borgi, pubblicato su Uppa.it : “Gli studiosi individuano intorno ai due anni d’età l’inizio del vero e proprio gioco simbolico, quello in cui il pensiero è separato dagli oggetti e l’azione nasce dalle idee più che dalle cose: un pezzo di legno comincia a essere una bambola e un bastone diventa un cavallo. “
E ancora: ” Nel periodo tra i tre e i sei anni le forme del gioco simbolico progrediscono ancora. Se nei primi giochi di finzione era solo il bambino ad avere un ruolo attivo e gli oggetti rimanevano muti, a poco a poco anche pupazzi e bambole prendono vita: il bambino li fa parlare, camminare, recitare una parte.” I bambini a questo punto iniziano a mettere in scena situazioni, spesso tratte dalla vita reale.
Ginevra e Beatrice le trovo ad esempio spesso a leggere storie alle loro bambole e peluche che hanno prima disposto su un tappeto, imitando così le mie letture.
Nella lettura condivisa dell’albo Si fa per finta, possiamo riscoprire insieme ai nostri bambini l’importanza di questo tipo di gioco.
STAMATTINA LA MAMMA È ENTRATA IN CAMERA DI LUCA
E HA DETTO: – OGGI NIENTE SCUOLA! DIVERTITI!
Luca è inizialmente entusiasta dell’idea, ma poi non sa con cosa divertirsi. I soliti giocattoli lo annoiano: costruzioni, automobiline e puzzle, non riescono a dargli soddisfazione. Ma ecco che arriva la zia Susanna e lo porta con sé in città.
Sono proprio le azioni quotidiane, come andare in macchina, fare la spesa dal fruttivendolo o una sosta dal benzinaio che catturano l’attenzione del nipote.
Dopo pranzo a casa di Luca arriva l’amica Serenella.
– VIENI, ADESSO CI DIVERTIAMO!
– E CON CHE COSA? – CHIEDE SERENELLA.
– CON NIENTE!
Luca ripercorre con la fantasia la mattina trascorsa insieme alla zia. Una sedia diventa una macchina e Serenella il vigile. Poi ecco che l’immaginazione li porta dal fruttivendolo e in pasticceria. Il pomeriggio passa così tra tante risate, giocando… senza niente.
Un libro che fa della semplicità il suo punto di forza, ricordando a noi genitori di lasciare ai nostri figli del tempo per annoiarsi, e facendo ritrovare ai bambini il piacere di giocare con la fantasia.
Adatto a partire dai tre anni, ben si presta anche per le prime letture autonome; è accompagnato da un opuscolo ricco di utili consigli per i genitori scritto dell’autrice e psicologa Francesca Rifiuti.
Buona lettura!